IL LINGUAGGIO COMUNE CHE CI ACCOMUNA E CI CAMBIA LA REALTÀ, DALL'HAMBURGER AL MONDO DELLA COMUNICAZIONE
Volevo condividere con te una riflessione che ho tratto leggendo il libro "(non) un corso di scrittura e narrazione" di Giulio Mozzi, editor e narratore molto conosciuto.
In questo suo saggio sulla scrittura creativa, che puoi trovare on line, Mozzi butta dentro un paio di osservazioni interessanti.
Te le riporto qui di seguito (brani tratti da (non) un corso di scrittura e narrazione, pag. 105 e pag. 107).
PRIMO BRANO
"(…) In un suo romanzo breve, Crampi, Marco Lodoli racconta a un certo punto di un personaggio che va a mangiare in un negozio dove «davano da mangiare pane e carne» (cito a memoria: il libro è sepolto da qualche parte, negli scatoloni non ancora aperti dopo il trasloco). Che cosa è mai, un negozio dove danno da mangiare pane e carne? Facile: è un fast-food, probabilmente un McDonald’s. Ma allora, perché Marco Lodoli dice «pane e carne » e non «hamburger»? Forse perché è un purista e la parola «hamburger» gli fa schifo? No. Marco Lodoli dice «pane e carne» perché ha capito tutto. Perché ha capito che una delle cose che le merci ci fanno, è impedirci di nominare le cose con il loro nome naturale. Ovviamente l’esistenza di nomi naturali delle cose è un mito. Il problema è che per i quindicenni d’oggi il nome naturale del «pane e carne» è per l’appunto «hamburger». Esattamente come per molti pensionati il mondo è quella cosa che si vede in televisione e per molti single la verdura è quella cosa che si estrae dalle buste surgelate. (...)".
Pg 105
***
SECONDO BRANO
"(…) Che un telefilm come “Giovanni e il Magico Alverman” o “Vacanze sull’isola dei gabbiani” sia ciò che hanno in comune due quarantenni d’oggi, ossia letteralmente la lingua comune della quale essi possono disporre per parlarsi; e che esattamente la stessa funzione "accomunante", forse addirittura "comunitaria" possa essere svolta dalla Nutella o dai biscotti Bucaneve o dall’omino Bialetti: questo non è trascurabile. Noi, ci piaccia o non ci piaccia, siamo fatti di queste cose. (...)"
Pg 107
UN LINGUAGGIO, UN GRUPPO
Cosa ci vuol dire Mozzi?
Che abbiamo dei linguaggi comuni – anche indotti - che contribuiscono a sostenere il senso di appartenenza ad un gruppo, unito da un sentire “familiare”che ti fa riconoscere l'un con l'altro.
Questo concetto è ben esemplificato dal “pane e carne” ormai sostituito dalla parola hamburger. Termine che appartiene (anzi, apparteneva) ad un immaginario che accomuna milioni di persone. Dico apparteneva perché ormai l'immaginario è così denso che lo vediamo come realtà. Punto.
Saresti strambo se dicessi “Stasera mangio una polpetta tonda e sottile di carne tritata”, non certo “Stasera mangio un hamburger”. E il fatto che questa parola si porti dietro tutto un universo di messaggi (gli Usa, i fast food, le patatine fritte, una certa cultura, un certo abbigliamento, eccetera) ormai non lo avvertiamo nemmeno più, talmente è automatico, talmente dentro di noi.
FAI MERENDA CON GIRELLA
E questa cosa del linguaggio comune la possiamo sperimentare tutti. Anche tu.
Basta che ti incontri con un amico coetaneo, e cominciate a ricordare gli spot televisivi più famosi della vostra infanzia.
“Ti ricordi la pubblicità di quel gelato? E di quel jeans, di quella canzone?”.
Verranno fuori una marea di ricordi, di aneddoti, di episodi simpatici. E di slogan.
Oh sì.
Un mucchio di slogan, con jingle e canzonette che te li fanno tornare in mente come fosse oggi. E ti fanno pensare: “Okay, io e il mio amico siamo della stessa tribù. Ci capiamo”.
E tutto questo solo perché entrambi ricordate e canticchiate all'unisono “La morale è sempre quella, fai merenda con Girellaaa!” e robe così.
Ecco che il linguaggio comune ha fatto scattare il suo meccanismo.
LE NARRAZIONI CHE CI PROPONGONO
Questo ragionamento è da tenere presente in modo particolare quando parliamo di comunicazione, soprattutto in alcuni ambiti.
Basti pensare ai leader politici, ai grandi campioni dello sport, alle star della musica. Oppure a come vengono rappresentati una serie di mondi/brand: la Formula1, la MotoGP, le principali squadre del campionato di calcio.
Perché è importante tener presente il concetto del linguaggio comune?
Perché viene costruito ad hoc, da una narrazione ben pensata, strutturata e costruita con interventi martellanti, ripetuti quotidianamente, soprattutto adesso con l'uso scientifico dei social media.
Questa narrazione vuole rimpiazzare la realtà, ri-contestualizzarla, con alcune parole studiate a tavolino che tendono a sostituirsi, nel sentire comune, al linguaggio “naturale”.
Qualche esempio? Nella politica “stato-canaglia” per definire chi è tacciato di collaborare con il terrorismo, oppure “reddito di cittadinanza” per una misura economica di sostegno alla disoccupazione. Nel calcio “CR7”, un brand che affianca e spesso sostituisce Cristiano Ronaldo, portando con sé una narrativa di epica sportiva e di successo che traina l'ambaradan economico, tra merchandising e sponsorizzazioni.
Ecco che si costruisce, attraverso alcuni termini e frasi ricorrenti, una sorta di “mondo parallelo” che va sovrapporsi al mondo reale, che cerca di traghettare il modo di pensare dell'utente finale verso l'obiettivo voluto.
Nel caso della politica sarà il voto elettorale e la reazione ai sondaggi, per una squadra di calcio la vendita di biglietti allo stadio, l'acquisto di merchandising e il coinvolgimento sui mass media.
Pensaci, la prossima volta che un tizio alla televisione parla di “trasparenza” o di “cambiamento”. Lui ha pronunciato due parole e nella tua mente si sono spalancati due immaginari ben definiti. Il problema è: chi li ha costruiti - così come sono - quei due immaginari?
Quanto arriva da te, dai tuoi ragionamenti ed esperienze?
Quanto è invece indotto, trasmesso, raccontato?
Mauro Tosetto
Ps: per spunti e riflessioni su come fare comunicazione, vai su www.maurotosetto.it ... See MoreSee Less
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FORSE NON SAPEVI CHE...
(SEIMILA OLANDESI A PATTINARE IN AUSTRIA, MIGRANTI CLIMATICI DEL MONDO DELLO SPORT)
In Olanda il pattinaggio sul ghiaccio naturale è un passatempo nazionale molto amato. Lo puoi trovare tra i ricordi di scuola del paese dei tulipani, insieme con le dighe e gli zoccoli di legno.
Sfortunatamente, però, questa tradizione non può più essere goduta nei Paesi Bassi. Con il cambiamento climatico (leggi il post che ho scritto sul riscaldamento globale: goo.gl/1Yze9j) gli inverni sono troppo caldi perché i corsi d'acqua si congelino in modo appropriato.
L'Elfstedentocht, un mitico percorso di pattinaggio a lunga distanza (circa 200 km tra laghi, fiumi e canali) attraverso 11 città della Frisia, che si è svolto dalla fine del 1700 a periodi alterni, non si disputa più dal 1997, a causa del clima troppo mite.
In Olanda non si sono scomposti e, piuttosto che rinunciare, lo hanno ricreato sul Weissensee, un lago austriaco.
Così, ogni anno, circa 6.000 olandesi viaggiano fino in Austria per l'evento, i nuovi migranti climatici del mondo dello sport: goo.gl/tWFdNQ
#forsenonsapeviche
Mauro Tosetto
www.maurotosetto.it
(Immagine da: REUTERS/Lisi Niesner) ... See MoreSee Less
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FORSE NON SAPEVI CHE...
(LE REGIONI CHE VOGLIONO L'AUTONOMIA SONO QUELLE CON MENO FONDI PUBBLICI)
Buttiamo qualche dato sul tavolo del dibattito sull'autonomia - richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna - e dibattuta in questo periodo tra governo, enti locali e ministeri.
Nella tabella c'è la percentuale dei livelli di spesa pubblica destinati alle varie regioni, in rapporto al Prodotto interno lordo, anno 2016.
Come si vede, le 3 locomotive d'Italia (Lombardia,Veneto, Emilia Romagna) sono quelle che ricevono meno fondi pubblici. Che sono destinati in misura maggiore alle regioni che faticano di più, il che è abbastanza normale.
Il problema, semmai, è poi come vengono utilizzate, queste risorse. Ma qui si apre un baratro infinito di discussioni, polemiche e vergogne. Che stavolta bypassiamo volentieri.
Secondo i dati della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, inoltre, proprio Emilia Romagna, Veneto e Lombardia sono le regioni che hanno subito da sole la maggior parte dei tagli ai trasferimenti statali (non sanitari) alle Regioni ordinarie tra il 2010 e il 2018: un terzo del totale (2,3 miliardi di euro su 7 sforbiciati). Quindi niente soldi in cassa per gli investimenti sui loro territorio, calati in modo considerevole: -39% a Milano, -44% a Venezia, -50% a Bologna.
Queste tre regioni sono considerate le locomotive produttive del paese non a caso, visto che contribuiscono a generare il 40% del Pil italiano e a rappresentare il 54% delle nostre esportazioni.
#forsenonsapeviche
Mauro Tosetto
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(Immagine da: Il Gazzettino di venerdì 8 febbraio 2019 – CNA Veneto) ... See MoreSee Less
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FORSE NON SAPEVI CHE...
(IL 2018 È STATO IL QUARTO ANNO PIÙ CALDO MAI REGISTRATO)
Gli scienziati della NASA hanno annunciato che la temperatura superficiale media della Terra nel 2018 è stata di 1°C superiore alla media della fine del XIX secolo, quando l'uomo ha iniziato a pompare grandi quantità di anidride carbonica nell'atmosfera. Ciò pone l'anno tra i più caldi in quasi 140 anni di tenuta dei registri.
La tendenza è inconfondibile. Gli ultimi cinque anni sono stati i cinque più caldi mai registrati, e il 2018 è al quarto posto.
Ciò che distingue il riscaldamento “malato” attuale dalle lunghe fluttuazioni climatiche del passato è la sua chiara correlazione con l'aumento dei livelli di emissioni di gas serra prodotti dalle attività umane.
Secondo gli scienziati, per evitare le conseguenze più catastrofiche dei cambiamenti climatici, le temperature globali non devono aumentare di oltre 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
Purtroppo, con questi ritmi e senza interventi decisi, sembra probabile che le temperature terrestri saliranno oltre questa soglia.
Mauro Tosetto
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(Immagine da: New York Times – NASA)
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NELLA COMUNICAZIONE LE PROMESSE E IL BILIARDO NON VANNO D'ACCORDO
Spiego questo titolo strambo, ok?
Ieri, su Twitter, si è animato un discreto dibattito sul fallimento dei negoziati per la Pernigotti, e relativa - paventata - chiusura dell'azienda.
Si contestava al ministro del Lavoro, nonché vicepremier, Luigi Di Maio di aver promesso che avrebbe salvato la Pernigotti.
Così il politico campano si è preso una valangata di pernacchie e di contestazioni, a colpi di tweet feroci, su questa mancata promessa. A chi lo difendeva è stato risposto più o meno: “il problema non è tanto o non solo non essere riusciti a salvare la Pernigotti, ma il fatto di averlo promesso”.
Qui guardo la faccenda non certo dal punto di vista politico, ma da quello comunicativo.
Quindi non ci interessa niente se ha davvero ragione un sindacalista che dice che “al Ministero del Lavoro sono messi così male che ormai non rispondono nemmeno più al telefono”, oppure se sia vero che per la Pernigotti abbiano fatto riunioni su riunioni h24 con i sacco a pelo e la baionetta tra i denti.
Dal punto di vista della comunicazione, invece, il problema è proprio quello della promessa.
Ed è inutile, magari a posteriori, spaccare il capello in quattro, arrampicarsi sulle parole usate e dire “beh, no, non si prometteva proprio il salvataggio, ma si parlava di una legge da votare entro la fine dell'anno che avrebbe mantenuto le aziende italiane sul territorio”.
Inutile perché le dichiarazioni di allora avevano proprio lo scopo di costruire una narrazione, fatta apposta per trasmettere il concetto che l'azienda si sarebbe salvata. Lì si voleva arrivare.
Quindi, che promessa esplicita ci sia stata oppure no, il messaggio che si voleva far passare allora (e che è passato) era questo: “prometto che l'azienda si salverà”.
La morale della favola?
Che nella comunicazione (e soprattutto nella comunicazione politica) quando si trattano dei casi molto delicati che - per esperienza - non si sa bene come andranno a finire (come il negoziato sul fallimento di una grande azienda) è obbligatorio dosare in maniera accurata le parole e tarare per bene il meccanismo comunicativo.
Cioè?
Le promesse non vanno d'accordo con il biliardo.
Cosa c'entra il biliardo?
C'entra, perché devi immaginare la tua strategia di comunicazione come un tiro di sponda a biliardo.
Non ti deve interessare tanto il punto dove mandi a sbattere la biglia sulla prima sponda, ma quanto i rimbalzi successivi.
Il cuore della faccenda non è che il primo rimbalzo sia efficace. Ma riuscire a indirizzare la boccetta nel punto che vuoi tu, dopo cinque rimbalzi.
Devi capire, immaginare, studiare e prevenire le conseguenze dopo la quinta sponda. Ecco a che serve una strategia di comunicazione, al posto dell'aria fritta sparata on line un tanto al chilo.
Ecco perché la promessa al volo, il proclama tanto per fare, la diretta su Facebook - in certi casi – sono doppiamente errati.
1- Sono inutili sul momento, perché la gente recepisce che è un messaggio gonfiato e preparato ad hoc per suscitare una reazione positiva non suffragata dai fatti.
2- Sono dannosi a gioco medio-lungo. Perché, invece di andare a punto, la traiettoria della biglia ti si rivolta contro e regali la partita all'avversario.
E questo a biliardo, come nella comunicazione, è un errore da penna blu.
Mauro Tosetto
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